A metà del guado
I tempi che ci attendono saranno turbolenti. Viviamo un’epoca di passaggio, in cui un’intera civiltà sembra aver esaurito il suo corso, ma non ne è ancora sorta una nuova. I tempi di mezzo sono sempre complicati, contraddittori, difficili da afferrare nel loro insieme. Sono tempi di crisi, intesa sia nel suo significato più generale, di deterioramento di strutture e valori precedenti, sia in senso etimologico, di scelta: la crisi infatti impone a chi la vive di scegliere, di intraprendere un percorso nuovo, di dotarsi di strumenti nuovi e di interpretare nuovi fenomeni. La crisi è una frattura che comprende aspetti in apparenza diversi tra loro (la crisi ecologica, la crisi economica, la crisi della cultura “classica”, la crisi valoriale della società, e così via) ma che in realtà sono interconnessi e concorrono a determinare una crisi di civiltà complessiva, una crisi in cui siamo immersi e di cui fatichiamo a renderci pienamente conto. Le epoche di passaggio, in cui i vecchi valori decadono ma i nuovi non sorgono ancora, sono difficili da scorgere per chi ci vive in mezzo, a metà del guado. Apparentemente la società non è mutata, ma in realtà cambiamenti profondi si preparano da decenni, e li vedremo maturare nel proseguo di questo secolo. Per viverli, è necessario comprendere la realtà che ci circonda: è necessario dunque un lavoro culturale. Ma quale lavoro, e quale cultura?
1. Cultura come consapevolezza
Non esiste una società senza cultura, cioè senza una propria visione della realtà, e ogni società produce la sua, in modo più o meno consapevole. In questi tempi la produzione di cultura ci sembra quanto mai inconsapevole. L’intellettuale contemporaneo è il manager, l’impiegato d’azienda, l’esperto di comunicazione, l’influencer, più che il professore, l’artista o lo scienziato, figure che sono mano mano divenute più marginali nella società e a cui si richiede una produzione specifica e finalizzata a scopi pratici, come nel caso di scienza e tecnologia, o di spettacolo e intrattenimento nel caso delle arti. Per i tempi che stiamo vivendo, e soprattutto per quelli che andremo a vivere, questa idea di cultura non è più sufficiente.
Per noi la cultura è uno strumento pratico, in quanto nasce dal bisogno umano di capire la realtà e viverla in modo consapevole. Ha a che fare con quello che facciamo tutti i giorni, con quello che mangiamo, con ciò che respiriamo; con i nostri sogni, le nostre paure, i nostri pensieri. La scuola ci ha abituati all’idea che esistano momenti e spazi “culturali” definiti e separati dagli altri ambiti della vita, ma questa è un’illusione: ogni atto che compiamo nella nostra vita è un atto culturale, dal truccarsi, al divertirsi, al piangere, al ridere, solo che per la maggior parte del tempo non ci pensiamo o non lo sappiamo. Assorbiamo la nostra cultura in modo inconsapevole, senza domandarci se ci stia bene oppure no, se ci è utile o meno, se è liberatoria oppure una catena.
2. Cultura come sinergia
Per noi cultura è riappropriarsi di consapevolezza nel vivere, nel fare esperienza del mondo. E farlo in modo intellettuale, emotivo e corporeo. Nella nostra società queste dimensioni sono state scisse e parcellizzate: all’intelletto la scienza, alle emozioni l’arte, al corpo lo sport. Fare cultura nel ventunesimo secolo, secondo noi, significa innanzitutto ricomporre questa scissione, generando sinergie tra campi culturali che solitamente non hanno la possibilità di incontrarsi. In questo senso per noi la cultura è sinergia: è relazione tra persone, tra saperi, tra pratiche, con il fine di vivere in modo migliore la propria vita, a livello individuale e collettivo.
Ogni ambito della cultura, o prodotto culturale, ha un potere connettivo: collega a un pezzo di mondo. Così la matematica ci collega alla logica con cui possiamo esprimere i rapporti tra le cose, un romanzo o un brano musicale può collegarci a una situazione psicologica o sociale, la ginnastica ci ricollega alla natura del nostro corpo, e via dicendo. Per questo abbiamo deciso di avere una vocazione aperta ad abbracciare la cultura da ogni prospettiva possibile: artistica, scientifica, sportiva e generalmente umanistica. Una cultura una cultura sinergica significa promuovere una visione del mondo interconnessa, che si traduce in maggiore capacità di esperire il mondo, in una duttilità di pensiero che sarà indispensabile per i tempi a venire.
3. Cultura come crescita
Se “crisi” etimologicamente rimanda alla scelta, “cultura” rimanda alla coltivazione: cultura è ciò che viene coltivato, pazientemente e tutti i giorni. La cultura dovrebbe essere un modo per coltivare l’essere umano, farlo crescere. Per Sinergie Culturali l’obiettivo è dunque esplorare i modi con cui la cultura può aiutarci a migliorare, ad accrescere noi stessi nella nostra vita quotidiana. Questo vuol dire apprendere nuove abilità, nuove capacità che possiamo sviluppare nel corso del tempo. Sempre la scuola ci ha abituati all’idea che esista un’epoca della vita in cui si impara e un’altra in cui si agisce, quando in realtà non è così: i due aspetti esistono contemporaneamente in ogni età della vita. Purtroppo però siamo abituati a pensare a noi stessi e alle nostre capacità in modo statico, e questo influisce sulla nostra identità: una volta intrapreso un certo percorso di studi o un certo lavoro, tendiamo a pensare di essere quel percorso di studi e quel lavoro, senza accorgerci che in realtà in ogni momento possiamo cambiare noi stessi. Una cultura che sia sinergica e interconnessa permette anche una concezione più fluida della nostra identità, attraverso l’immaginazione e la curiosità. La curiosità è madre della scienza: ci permette di cambiare, di trasformarci, di orientare il nostro sguardo ogni volta in modo diverso.
4. Cultura come cura
Se la cultura è una presa di consapevolezza, è un modo di interconnettere e relazionare cose e persone, ed è un mezzo di crescita, è dunque anche uno strumento di cura. Cura di se stessi, innanzitutto: per crescere è necessario prendersi cura di sé, della propria persona, della propria vita. Ma anche cura degli altri. Apprendere delle abilità significa poi poterle trasmettere agli altri. Apprendere delle abilità significa anche poter aiutare gli altri grazie proprio a quelle abilità. Dal proprio benessere, dunque, si passa al benessere altrui, e quindi al benessere collettivo, al benessere della società nel suo insieme. Sapersi relazionare col mondo, con sé stessi, col tempo che scorre significa saper prendersi cura della realtà, comprendere che essa ci appartiene, e noi apparteniamo a lei.
Sinergie Culturali è dunque uno spazio che vuole ospitare e far crescere questa idea di cultura. Questo significa innanzitutto creare dei corsi che possano permettere di apprendere e sviluppare nuove abilità, ma anche creare degli eventi di dibattito e formazione, e creare uno spazio condiviso che possa ospitare idee ed esperienze di singoli e di gruppi culturali, ed essere una palestra per chi voglia di attivarsi come divulgatore culturale. Pur rimanendo un’Associazione con una forte componente di volontariato è comunque nostra intenzione creare nel corso del tempo anche delle occasioni di lavoro per tutti coloro che intendono formarsi e divulgare la cultura come strumento di trasformazione della vita.
Affinché ci sia cultura qualcosa di nuovo ed originale deve nascere da ciascuno di noi; per questo intendiamo rimettere al centro quello che è il sacro bisogno umano di creatività: tutti i nostri corsi e laboratori culturali sono infatti pensati per bilanciare la componente esplicativa e quella attiva . Chi partecipa è quindi chiamato a riflettere, esprimersi, pensare e mettersi in gioco, lavorando e sperimentando con gli elementi degli ambiti culturali con cui ha scelto di interagire.
Sinergie Culturali vuole essere, quindi, un luogo dove si rifletta e si sperimenti come dare nuova vita alla cultura, attraverso una divulgazione che ne metta in risalto il lato pratico, trasformativo e connettivo. I tempi che ci attendono saranno turbolenti. Noi rispondiamo portando una concreta esperienza di utilità e benessere nella frequentazione della cultura.